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La fontana del Rosello




Celebre fin dalla fondazione della città, in essa i sassaresi hanno identificato se stessi, e per tutto il Medioevo fino ai primi anni del 1900 fu la dimora degli acquaioli. Fra gli antichi edifici di Sassari, il Rosello fu sempre il prediletto dei sassaresi, ricorda lo storico Enrico Costa;

I primi riferimenti scritti alla fontana del Rosello, citata nell'originaria denominazione "de Gurusele", risalgono agli Statuti Sassaresi, il corpo normativo su cui si reggeva la città nei primi decenni del 1300. Il capitolo XXXIX, sulle manutenzioni delle strade cittadine, prevedeva che le riparazioni fossero a carico degli abitanti, fatta eccezione per la strada che conduce alla fontana di Rosello, per l'evidente pubblica utilità.

La documentazione storica locale sembrava avvolgere nel mistero delle sue lacune i lavori dei primi anni del Seicento che ci hanno offerto la fontana del Rosello nella forma attuale.

Viceversa, un documento inedito dell'Archivio Storico del Comune di Sassari, anche se molto lesionato, getta una prima luce su queste opere: si tratta di una lettera trasmessa da Genova il 12 novembre 1606, con la quale Francesco Quadri e Giovanni Antonio Maderno (il primo facente parte della comunità dei maestri lombardi di Genova, il secondo probabilmente un maestro ticinese) avvisano i consiglieri civici di Sassari dell'ultimazione e del prossimo invio dei "marmeri bianchi et misci" per la fontana.

Il rifacimento della fontana in forme tardo-rinascimentali fu effettuato nel 1644 da don Francesco de Quesada giurato capo di Sassari come testimonia una targa commemorativa ancora presente presso il monumento.. La fontana rafforza l'immagine del monumento che assurge a topos elettivo della città: al Rosello è demandato un compito celebrativo di tutta Sassari che viene sempre più identificandosi col suo monumento simbolo.

Lo dimostra il fiorire di tutta una serie di citazioni della fontana nell'ambito di una letteratura di genere. Di questa operazione culturale si fa interprete anche Gavino Gillo nel Trionfo e martirio dei martiri turritani, primo libro stampato a Sassari nel 1616.

L'attaccamento della città di Sassari al suo monumento simbolo è bene evidenziata dalla ricca cronologia di interventi a tutela delle precaria efficienza delle condotte della fontana, una sorta di malato di riguardo per il quale non si lesinano le spese: così, nel febbraio del 1644 gli amministratori civici non esitano a scomodare, per un consulto a distanza da Roma, niente meno che "el cavaller Bernino que es el arquiteto mayor de la Camara".

La fontana ha subito nei suoi quasi quattrocento anni di vita non pochi rimaneggiamenti volti a sanare i guasti provocati dal tempo e dagli uomini. Molto importanti furono i lavori commissionati nel 1824 a Giuseppe Perugi, marmoraro di Carrara, che si impegnò a rifare le statue raffiguranti le quattro stagioni, mutilate durante i moti del 1796; l'intervento di restauro prevedeva anche il rifacimento di tre delle otto teste leonine dalle quali sgorga l'acqua e il ripristino degli archi posti sul castello della fontana.

In questa occasione, come nel corso dei lavori seicenteschi, il Comune di Sassari aveva puntato anche sulle contribuzioni volontarie dei cittadini: fondi impiegati, poi, per fronteggiare le terribili annate di carestia.

Nel corso dei secoli, la città aveva imparato a sfruttare l'acqua del Rosello in tutte le sue potenzialità: per l'approvvigionamento idrico, per la pulizia del vestiario ed anche per quella delle interiora dei capi vaccini dalle quali prendeva forma il piatto tipico della cucina sassarese: lo zimino.

Quest'ultima utilizzazione è attestata anche dal verbale dell'ammenda comminata, nel luglio del 1779, all'apprendista scortichino scoperto mentre era intento nelle operazioni propedeutiche di lavaggio di "dos vientres" con le limpide acque della fontana.

Nel corso del tempo, il Rosello ha esercitato anche un' importante funzione sotto il profilo sociale, come luogo di aggregazione: di giorno, punto di incontro tra acquaioli impegnati nelle operazioni di approvvigionamento dell'acqua potabile e tra lavandaie intente a lavare i panni; di notte, l'isolamento del posto e la relativa vicinanza alla città favorivano gli appuntamenti tra soldati e mujeres, come dimostra questa deliberazione del 1779 volta a tutelare il sito.