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Data Nascita | 12-05-1702 | Località Nascita | Sassari | Paternità | Cristoforo de Quesada | Maternità | donna Maria Angela de Sotgiu Serra | Stato Civile | celibe | Discendenza | | Ramo | Ramo dei marchesi di San Saturnino | Titolo Nobiliare | cavaliere, nobile, don | Altri Titoli | laurea in teologia | Professione | vescovo di Bosa nel 1749 | Data Morte | 1758 | Località Morte | Bosa | Note | Raimondo de Quesada y Sotgiu, nacque a Sassari il 12 maggio1702 da don Cristoforo de Quesada e da donna Anna Maria Sotgiu. Si laureò in "utroque iure" a Sassari dove divenne canonico della cattedrale. Era parroco a Ploaghe quando il 17 settembre 1749 il re di Sardegna Vittorio Amedeo II lo propose quale vescovo di Bosa. Il 19 gennaio 1750 ottenne l'approvazione pontificia e il 14 marzo l'arcivescovo di Sassari, Matteo Bartolinis lo consacrò vescovo. La sua opera non riguardò soltanto la condizione spirituale della sua diocesi. Infatti, diede alla stampa le opere del Fara e lui stesso fu autore di una storia della Sardegna rimasta però inedita ed andata perduta a causa della sua morte improvvisa. Istituì in tutti i paesi della diocesi i monti granatici per venire incontro alle necessità dei meno abbienti. Durante il suo episcopato fu fatto il tentativo di colonizzare il territorio di Montresta che, però, non ebbe lo stesso esito felice di quello dell'isola di San Pietro. I coloni dovevano provenire da Maine, la regione più meridionale dl Peloponneso abitata dai Mainotti che per le loro misere condizioni di vita aspiravano a stabilirsi in Sardegna, Il progetto non si concluse perchè i mainotti, di religione cristiano ortodossa, non vollero rinunciare alla loro fede e autonomia religiosa. Al loro posto si fecero arrivare 52 famiglie provenienti da Maone e discendenti da quei greci di provata fede cattolica che dopo la perdita di Rodi da parte dei cavalieri di San Giovanni si erano rifugiati in Corsica. Il loro soggiorno fu caratterizzato da fatti sanguinosi e continue vendette che si tramandarono per generazioni. Gli accordi, approvati con regio biglietto del 10.06.1751 diedero origine al paese di San Cristoforo. Il loro parroco greco Demetrio Stefanopulos così li descriveva: "gente senza timor di Dio, barbari che rovinano e macellano le bestie dei bosinchi con continui furti. I coloni non riuscirono a pagare i debiti contratti e sempre più pressanti furono le richieste di grano, farina e denaro rivolte al governo. Ma il fatto che segnò la decadenza del paese di San Cristoforo fu l'impossibilità di una pacifica convivenza con i pastori sardi abituati alla massima libertà in quei territori. Si visse in un perpetuo stato di guerra e nel 1836 il La Marmora trovò una sola coppia di greci discendente da quei primi coloni.
Il vescovo morì a Bosa il 2 marzo 1758.
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